=ECONOMIA. STATO 'LEGGERO' E VECCHI E NUOVI POVERI= Stampa
Scritto da Redazione   
Mercoledì 14 Marzo 2018 09:23

altan1I molti peccati dei socialismi europei

Lo Stato e la finanza pubblica non possono essere “leggeri” in presenza di milioni di nuovi e vecchi poveri assoluti. Non può, quando la disoccupazione dei giovani (specie delle giovani donne) è del 40%; non può quando il lavoro che c’è è soltanto quello precario e i licenziamenti fioccano senza giusta causa; non può allorché gli investimenti pubblici calano di oltre il 20% all’anno lasciando interi territori, nazioni e continenti privi di interventi pubblici che accelerino l’uscita dalle crisi economiche e non lascino alla lenta e difficile ripresa spontanea dell’economia il parziale rimedio al profondo disagio sociale. Se tutto questo e tanto altro ancora non fa più parte del bagaglio politico, culturale e di lotte sociali dei socialismi europei, è in ciò che va ravvisata la crisi profonda del socialismo e la forza che lo sospinge verso l’imminente estinzione.

 

di  Mino Magrone
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Non è raro sentire commenti sulla mancanza in Europa di figure politiche carismatiche che si facciano interpreti di idee, teorie e azioni pratiche risolutive della crisi in cui versa la cultura socialista europea.
Si sono appena svolte le elezioni politiche in Italia, con esito disastroso per i partiti e i movimenti di ispirazione socialista, che vanno scomparendo in Italia come già avviene in tutta l’Europa.

 

Va detto che i capi carismatici non creano teorie politiche ed economiche; semmai ne sono interpreti più o meno fedeli hieronymous bosch - concertquando le condizioni reali della società le disvelano in tutta la loro necessità. Oggi i capi dei partiti e movimenti sono quel poco che appaiono perché poggiano la loro azione sulle sabbie mobili di analisi sociali sfasate rispetto alle coordinate vere della realtà. Appaiono così poveri anche perché la loro azione è costretta entro la rete e i vincoli legislativi di apparati normativi solo apparentemente neutrali ma sostanzialmente punitivi delle classi e dei ceti subalterni e poveri disseminati un po’ ovunque nell’Europa (è chiaro il riferimento alla rete normativa del Trattato di Maastricht, del fiscal compact, del pareggio di bilancio assurto al rango di norma costituzionale e del Jobs Act).

In Italia il Partito democratico dà la netta sensazione chi stia avviandosi verso l’estinzione. Così come pare già defunto il neonato Liberi e uguali. Resta il Movimento 5 stelle, che ha vinto le elezioni, e di cui però non è dato sapere qual è la vera carta di identità. Il suo “capo politico” afferma, con l’aria composta di un teorico politico e sociale che non avverte neppure il sospetto di essere in errore, che il movimento è postideologico, non è né di destra né di sinistra, è il movimento dei “temi” come se i temi sociali, economici e politici fossero neutrali, uguali per tutti, applicabili cioè indifferentemente ai lavoratori, anche precari, ai disoccupati, ai poveri e ai ricchi, al genere umano senza distinzione, ai proprietari terrieri e agli industriali.

grosse koalition 2013 2094605L’Europa, quella dei partiti socialisti, non sta meglio dell’Italia. Infatti, in Germania la Spd (la socialdemocrazia) di Martin Schulz con le lunghe e asfissianti esperienze di governi di Grosse Koalition paga un pesante tributo di snaturamento dei suoi connotati sull’altare di una governabilità tutta sbilanciata a favore della finta mediazione interclassista di Angela Merkel. La stessa Austria ha visto i socialisti incapaci, nell’aprile 2016, di portare al ballottaggio il loro candidato alla presidenza della Repubblica. Un caso patologico e precorritore del destino comune di tutti i socialismi europei è quello francese. Dopo l’infelice e fallimentare esperienza di Holland, la gauche transalpina è sparita. Da un lato a causa dell’azione centrista di En Marche! di Macron e dall’altro per la forza “erosiva” di Marine Le Pen, il pur glorioso partito socialista francese è scomparso. E sparisce dalla scena politica francese ed europea anche per la sua incapacità di stare saldo sulle posizioni in difesa dei ceti sfruttati dalla crisi, dei disoccupati e delle tante e nuove figure sociali prigioniere della povertà. Di un partito socialista così ben integrato nel quadro di comando dell’establishment europeo nessuno ha più bisogno.

Va sottolineato che a dare il via al processo di estinzione del socialismo europeo è stata la situazione drammatica in cui versa la Grecia. Nel 2015 si sono svolte per due volte la elezioni politiche, nel gennaio e nel settembre 2015. Tra le due votazioni si è tenuto il referendum sul cosiddetto piano di salvataggio predisposto dai creditori internazionali della Grecia. Nel frattempo, il capo del governo, Alexīs Tsipras, si dimette. Il Pasok, il partito socialista panellenico, nelle due elezioni politiche raccoglie appena il 4,68% e il 6,28% dei consensi.
Dal 1981 in poi non era mai sceso al disotto del 35% dei voti. I socialisti greci hanno vissuto momenti drammatici della Altanloro storia. Vinto il referendum proposto dalla Troika (Bce, Fmi e Commissione europea) i socialisti del Pasok si sono arresi alle minacce di fallimento dello Stato Greco, prospettato da un’Europa interessata a dare l’avvio a una nuova forma di sudditanza di tipo neocolonialista. Buona parte della Grecia oggi è in vendita ai paesi più ricchi del Pianeta (Cina compresa).

Anche il socialismo spagnolo non fa eccezione. Il Psoe era al 50% dopo la dittatura di Francisco Franco. Ora, dopo la buona prova di Zapatero, scende verso livelli di consenso che non si discostano dalla media europea. Forse l’unica eccezione nel programma europeo è quella del Portogallo. Il capo del governo è il socialista Antonio Costa che governa il paese da oltre due anni con l’appoggio dei comunisti. Tuttavia dal Portogallo non giunge una nuova voce socialista a ridare vigore e slancio all’azione riformatrice dei partiti socialisti europei.

Come si vede da questo breve e affrettato quadro del socialismo del Vecchio continente, la situazione non è per nulla incoraggiante.

A questo punto chiunque si porrebbe la domanda cruciale: ma il sistema dell’economia di mercato, del libero scambio, della globalizzazione, dello Stato “leggero” in economia e della moneta unica dell’eurozona ha prodotto la piena occupazione, la crescita senza drammatiche oscillazioni dei livelli produttivi e sociali, ha eliminato la povertà e le disuguaglianze sociali, ha provveduto a sconfiggere le rovinose crisi che ciclicamente scaricano sui lavoratori e il popolo degli esclusi il peso della depressione economica, ha provveduto alla parità di genere, protegge i bambini in generale e quelli poveri in particolare, i pazzi ancora “meritevoli” di stare reclusi, gli animali, l’ambiente, la salute, i migranti? I socialismi europei devono farsi perdonare molti peccati. Forse la loro condanna è già definitiva. Ma che almeno abbiano, l’onestà residua di dire che hanno ceduto alle irresistibili lusinghe di un sistema economico-sociale che premia il sostegno inaspettato e perciò più prezioso di chi da almeno due secoli si è battuto in difesa degli esclusi di ogni tipo.

socialismi-peccatiLo Stato e la finanza pubblica non possono essere “leggeri” (tradotto “austeri”) in presenza di milioni di nuovi e vecchi poveri assoluti. Non può, e questo i socialisti lo hanno sempre saputo fino a qualche tempo fa, quando la disoccupazione dei giovani (specie delle giovani donne) è del 40%; non può quando il lavoro che c’è è soltanto quello precario (per alcuni mesi, settimane, giorni e anche meno) e i licenziamenti fioccano senza giusta causa; non può allorché gli investimenti pubblici calano di oltre il 20% all’anno lasciando interi territori, nazioni e continenti privi di interventi pubblici che accelerino l’uscita dalle crisi economiche e non lascino alla lenta e difficile ripresa spontanea dell’economia il parziale rimedio al profondo disagio sociale. La globalizzazione, infine, non può essere quella strana cosa che consente - anche ad aziende e multinazionali che sono molto concorrenziali - di migliorare ancora di più i loro bilanci delocalizzando imprese e scaricando sulla pelle dei lavoratori espulsi dal mercato, e dei nuovi lavoratori assunti in altre situazioni a minor costo del lavoro, l’imponente tragedia individuale e sociale di chi perde il lavoro, di milioni di persone. Se tutto questo e tanto altro ancora non fa più parte del bagaglio politico, culturale e di lotte sociali dei socialismi europei è in ciò che va ravvisata la crisi profonda del socialismo e la forza che lo sospinge verso l’imminente estinzione.

Ci sta il passaggio culturale e di lotte del socialismo dalla esclusiva critica dello sfruttamento dei lavoratori alla critica delvan gogh - socialismi a-pair-of-shoes-hero1 potere e del dominio molecolari. In Microfisica del potere e in Sorvegliare e punire, di Michel Foucault, e ancora in altre teorie del potere, è stato disvelato che il dominio ed il controllo si annidano ovunque. Non più soltanto nel rapporto di sfruttamento capitalistico ma anche nelle istituzioni manicomiali, nei penitenziari. Anche nella famiglia, nei rapporti di coppia e nelle relazioni interpersonali (il “personale è politico”). È stata una buona lezione! Ora però è più urgente riappropriarsi di quelle trascurate narrazioni classiche che riconducano più verso il centro dell’attenzione critica la condizione infelice di milioni di lavoratori ai quali, quando sono fortunati e lavorano, non è consentito altro che ringraziare e genuflettersi ai piedi di chi costruisce le proprie fortune sulla loro fatica sottopagata.

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Ultimo aggiornamento Mercoledì 14 Marzo 2018 09:23
 
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