=CONDANNARE LA VIOLENZA SULLE DONNE CON IMMAGINI DI VIOLENZA= Stampa
Scritto da Redazione   
Mercoledì 27 Novembre 2013 23:55

violenza2di  Francesca Di Ciaula

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mai come in questi giorni, immagini di violenza su donne sono state sovente associate a dibattiti, manifestazioni e campagne di sensibilizzazione di condanna alla stessa violenza di genere. Immagini di donne pestate a sangue, donne in posizione di difesa e sottomissione, visi femminili tumefatti e cosparsi di lividi, hanno avuto questa funzione di sostenere un messaggio che è condanna a tutte le forme violenza sulla donna, da quella fisica a quelle più subdole e perversamente presenti nel quotidiano, vere anticamere all'annientamento fisico vero e proprio

La campagna di sensibilizzazione contro il femmininicidio e la violenza sulle donne, riacutizzata in prossimità della data del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, quest'anno è stata presente in più ampi spazi sui media e in contesti diversi anche altamente istituzionali, soprattutto all'interno di eventi che si sono moltiplicati nella società civile.

Inutile ricordare che qui in Italia la questione del femminicidio tocca punte elevatissime con statistiche quasi quotidianamente aggiornate.violenza3 Questa consapevolezza più trasversalmente diffusa è giunta solo oggi a sfiorare un livello del dibattito un tantino superiore, in alcuni tentativi di superare gli stretti confini della questione di genere ad interesse esclusivo delle donne, di leggere l'aberrazione del fenomeno, violenze e soprusi sulla persona, quali forme di negazione della dignità degli uomini come delle donne. L'uguaglianza delle opportunità, la questione delle libertà personali non può fare a meno di quest'avanzamento del dibattito civile.

Eppure mai come in questi giorni, immagini di violenza su donne sono state sovente associate a dibattiti, manifestazioni e campagne di sensibilizzazione di condanna alla stessa violenza di genere. Immagini di donne pestate a sangue, donne in posizione di difesa e sottomissione, visi femminili tumefatti e cosparsi di lividi, hanno avuto questa funzione di sostenere un messaggio che è condanna a tutte le forme violenza sulla donna, da quella fisica a quelle più subdole e perversamente presenti nel quotidiano, vere anticamere all'annientamento fisico vero e proprio. Sono questi i fenomeni da distinguere e ben individuare, perchè non sia troppo tardi, perchè già un episodio di violenza fisica è l'innesto di un circuito dannato in cui ricatti paurosi e intimidazioni hanno sbarrato le porte di casa e allontanato la possibile richiesta d'aiuto.

violenza1Eppure la locandina è lì a riproporre la dignità negata, una persona, una donna, inerme nella sua nudità, esposizione senza filtri, passività del soggetto reificato e il suo basilare bisogno di protezione. Persona indifesa, fragilità, debolezza, aspetti da coniugare solo al femminile. L'immagine sembra messa lì con l'intenzione di supportare quello che le parole affiancate stanno a ribadire ed invece a quelle si contrappone nel rovesciamento netto del messaggio contenuto. Nella locandina due pensieri opposti e contrari sono presenti l'uno accanto all'altro, ma l'immagine è presto riconoscibile, inutile dirlo, arriva prima della parola e quel che è peggio i significati cui essa rimanda sono immediatamente afferrabili, subito si innestano ad altre immagini e forme di pensiero e comportamenti che appartengono al nostro quotidiano vivere.

Così accade paradossalmente che si decide di parlare di donne per difenderne i diritti basilari attraverso immagini violente di vite violate di donne, riproponendo in definitiva quella connotazione di genere di minorità, retaggio antico e mai abbastanza lontano del nostro brodo di cultura primordiale. Si tratta di quella cultura di cui siamo tutti impastati, che fa fatica a liberarsi da pesanti ancoraggi, segni che emergono potenti persino nei discorsi di alti rappresentanti istituzionali (si pensi alle “palle d'acciaio” del primo ministro Letta, espreviolenza4ssione comune dove l'idea di forza è veicolata da riferimenti agli attributi sessuali maschili).

Tutto questo ci fa comprendere quanto insufficiente e finanche ipocrita sia parlare di violenza di genere fuori da una seria riflessione sui modi e forme del sentire e conoscere, esprimere idee e mete dell'agire politico. Ci fa capire che abbiamo urgentemente bisogno di parole e immagini diverse di donna e di uomo per parlare di persone in tutta la loro complessità di percezioni dell'altro e drammaticità di relazioni, i ruoli di subalternità e potere all'interno delle relazioni interpersonali private, così come in quelle lavorative. Abbiamo bisogno di una riflessione coniugata al maschile ed al femminile per affrontare una questione come quella della violenza di genere, che riguarda il grado di civiltà della società di cui siamo parte.

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Ultimo aggiornamento Giovedì 28 Novembre 2013 00:32
 
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