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Scritto da Redazione   
Domenica 19 Luglio 2015 17:04

RAFFAELLO-La-scuola-di-Atene“Graecia capta...”.

Vincono

i predatori

ma dovranno

arrendersi:

per il loro bene

 

il prestito non risolverà nulla perché quel denaro, come già avviene da anni, ritornerà all’Europa creditrice sotto forma di rimborso di rate di capitale più interessi. Dal circolo vizioso non si esce, se non si ristruttura il debito sovrano della Grecia. E’ insostenibile e crescerà ancora. Bisogna, quanto meno, condonarne la metà e allungare congruamente nel tempo la restituzione della parte restante con interessi nulli o simbolici. Non è un dono. E’ una necessità economica oltre che politica

 


di  Mino Magrone

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Diciamo le cose come stanno. La Grecia è vinta. Non è stata sconfitta in una guerra di carri armati e di bombe nucleari. Sono bastate leGrecia2 banche chiuse e l’asfissia finanziaria per metterla in ginocchio e tradurla con la forza, da vinta, al tavolo “di pace” che le impone di pagare le spese e i danni della cruenta guerra finanziaria. Il conto è molto salato e comunque vada la Repubblica ellenica dovrà fare la volontà dei vincitori-creditori.

Va riconosciuto, tuttavia, che di quando in quando emerge dai profondi bassifondi dell’oblio in cui si trova la memoria di ciò che è già avvenuto. Vale a dire la memoria delle sanzioni pesantissime e dei risarcimenti impossibili chiesti dai vincitori ai vinti.

Keynes partecipò alla Conferenza per la pace di Versailles come capo della delegazione finanziaria britannica. Eccezione straordinaria in quel contesto molto vendicativo e ciecamente egoista, diede le dimissioni quando constatò che veniva imposto ai tedeschi (sconfitti nella prima guerra mondiale) un fardello enorme di riparazioni belliche senza tener conto della realtà economica (disastrosa) di quel paese. Se ne tornò a casa per scrivere un durissimo attacco contro quelle pretese dei vincitori-creditori. Nell'opera Le conseguenze economiche della pace anticipò con grande ardore profetico la rottura degli accordi firmati a Versailles e previde il disastro economico europeo e l’avvento dei nazionalismi più reazionari e violenti.

pergamonaltarUn popolo, anche quello meno orgoglioso del mondo, quello più democratico e tollerante, anche il più pacifico del globo, difficilmente sarà in grado, senza disperdere le tracce ultime della sua propria residuale e finale identità, di sopportare il fatto angosciante ed umiliante che i proventi delle privatizzazioni del Partenone, del porto del Pireo di Atene e di Salonicco, delle ferrovie e dei telefoni, delle isole dell’Egeo siano accantonati in un fondo di garanzia (ipotecati!) sorvegliato e controllato dai creditori (la Troika) a salvaguardia di un credito e, quindi, di un debito che la Repubblica Greca non può più sostenere e che, pertanto, andrebbe, invece, in parte rimesso senza oneri.

Bisogna riconoscere che tutto ciò non accadde dopo la fine della seconda guerra mondiale. Anche la Germania poté beneficiare (nuovamente sconfitta) di un trattamento molto comprensivo. Il Segretario di Stato americano George C. Marshall in un famoso discorso pronunciato il 5 giugno 1947 dichiarò: “Per i prossimi tre o quattro anni il fabbisogno europeo di viveri e di altri essenziali prodotti stranieri supera talmente le attuali possibilità di pagamento dell’Europa che essa dovrà avere ulteriori aiuti o affrontare un gravissimo scadimento economico, sociale e politico.

Il piano Marshall era diventato una realtà. Anche oggi, a proposito della Grecia, gli Usa sono fermamente convinti che il debito della Grecia va in parte condonato (non è sostenibile da quel paese) e che la Repubblica ellenica non va umiliata ma aiutata e mantenuta nell’Eurozona.

Keynes previde che la Germania non sarebbe stata in grado di pagare le pesanti rate delle riparazioni e debiti di guerra della primariunificazione-germania-1990-corbis guerra mondiale. Quando, nel 1921, il governo tedesco informò la Commissione delle riparazioni di non poter far fronte alle rate del 1922 e sospese i pagamenti, i francesi e i belgi allo scopo di ottenere il pagamento forzoso occuparono la Ruhr. Per completare il quadro allarmante va detto che alla Germania nel 1921 fu chiesto di pagare 33 miliardi di dollari in trent’anni in rate fisse di marchi-oro, più il 26% dei proventi delle esportazioni tedesche, più le riparazioni sotto forma dei beni fisici (riparazioni in natura). Il gravame era talmente alto che il governo tedesco prese a stampare cartamoneta a rotta di collo per far fronte alle spese governative. Il marco tedesco perse quota nel cambio internazionale e l’inflazione fu senza precedenti. Non vi è chi non conosca lo sbocco politico della situazione tedesca. Il nazismo apparve ai più il rimedio più efficace per la rinascita della dignità e dell’orgoglio della nazione. Queste furono le conseguenze economiche della pace. Dio non voglia che la storia si ripeta. No, il Partenone ed il Pireo restino ai greci, come è sacrosanto che sia. Con buona pace dei creditori dalle pretese insostenibili.

Cerere1Tuttavia, forse è opportuna una considerazione finale. Oggi, è vero, Atene è moralmente ed economicamente distrutta. Ma una piccola crepa si sta aprendo nel cemento armato del fronte offensivo europeo. Il Fondo monetario internazionale (Fmi), che in buona sostanza è più vicino a Washington che a Berlino, essendo gli Usa i maggiori azionisti del Fmi (16,7%) tra i 188 Stati membri sostiene attraverso le parole del suo direttore Christine Lagarde, che non intende più aumentare e concedere prestiti alla Grecia perché il debito ellenico è da tempo insostenibile e nel giro di due anni raggiungerà il 200% del Pil greco. Sicché bisogna por mano alla ristrutturazione del debito (cioè condono di una parte consistente del debito e/o più tempo e dilazioni nei pagamenti delle rate di restituzione). Se così non fosse, sostiene il Fmi, la Grecia e il piano europeo sarebbero destinati al fallimento. Non è poco e non è marginale la svolta del Fmi. La Troika non è più compatta e armata fino ai denti. Ora affiora in superficie una posizione più moderata e ragionevole. Anche il britannico Cameron pare favorevole alla riduzione non onerosa del debito greco. Ma più suggestiva ed impegnativa è la presa di posizione del primo ministro francese Manuel Walls (la Francia, a differenza dell’Inghilterra, fa parte dell’eurogruppo) il quale sostiene che la proposta del Fmi non è irragionevole. E l’Italia? Tace, non esiste e quando dice qualcosa è per unirsi al coro diretto da Merkel. E invece è questo il momento giusto per l’Italia di unirsi esplicitamente alle richieste del Fmi e della Bce di Mario Draghi. L’Europa ora si dice pronta ad erogare alla Grecia il prestito-ponte di 7 miliardi di euro. Il prestito non risolverà nulla perché quel denaro, come già avviene da anni, ritornerà all’Europa creditrice sotto forma di rimborso di rate di capitale più interessi.timeo Infatti, Atene subito sarà obbligata a rimborsare al Fmi un miliardo e seicento milioni di euro scaduti il 30 giugno scorso e circa tre miliardi alla Bce scadenti in questo mese di luglio.

Dal circolo vizioso non si esce, se non si ristruttura il debito sovrano della Grecia. E’ insostenibile e crescerà ancora. Bisogna, quanto meno, condonarne la metà e allungare congruamente nel tempo la restituzione della parte restante con interessi nulli o simbolici. Non è un dono. E’ una necessità economica oltre che politica.

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Ultimo aggiornamento Domenica 19 Luglio 2015 17:15
 
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