=SE SI RASSEGNA ANCHE IL SINDACATO= Stampa
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Scritto da Redazione   
Sabato 09 Novembre 2013 15:00

vignetta-economiaZona Industriale di Bari-Modugno

la resa dei conti

di  Giuseppe De Liso

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La Zona Industriale di Bari-Modugno è allo sbando. Qualsiasi pretesto è buono perché le grandi multinazionali sgomberino il campo e vadano via. Con tanti saluti, non già alle poche infrastrutture offerte dal territorio, nel corso della loro permanenza, ma alle molteplici sovvenzioni istituzionali percepite a vario titolo. In passato, grazie a rocambolesche trattative (leggi Getrag) condotte dal sindacato, alcune aziende hanno deciso di rimanere. Oggi, con la crisi internazionale che morde nei punti più critici, e, soprattutto, con l’inerzia di un sindacato che sembra aver abdicato al suo ruolo e cercare nuove strade di autoconservazione, non è più così. Le aziende vanno via schizofrenicamente, senza nemmeno preoccuparsi di fornire giustificazioni o di sedersi al tavolo delle concertazioni.

E’ sin troppo facile dimostrare che gli scioperi di un giorno, quelli ‘usa e getta’, non solo non servono a niente, ma costituiscono un atto di strumentalizzazione perenne da parte di coloro che li concepiscono e li organizzano. Insomma, le mobilitazioni di oggi sono spesso inutili oltre che dannose. Chi sciopera oggi lo fa per tirare fuori la sua rabbia, non per l’unica ragione ammissibile: una rivendicazione consapevole dei diritti.

Da qualche mese, poi, si è messa in moto la macchina mastodontica della preparazione al Congresso nazionale che vedrà il suo trionfo nei primi mesi del prossimo anno, un trionfo della vanità. Il 2 ottobre scorso si sono aperte le commissioni per la deliberazione delle regole, successivamente sarà la volta dei precongressi di base: a fare gli onori di casa sarà la Merkel della Cgil, cioè Susanna Camusso che, bontà sua, non vede più dinanzi a sé un conflitto sociale, bensì un compiacimento delle istanze europee. Dopo le spallate all’intero comparto del diritto del lavoro con l’accordo interconfederale tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil del 28 giugno 2011 (1), teso ad un decentramento contrattuale, e alla legge 14 settembre 2011 n. 148 (2), il sistema è traballante e basta un lieve refolo di vento per farlo cadere. Hanno scritto, incisivamente, Adalberto Perulli e Valerio Speziale, docenti di Diritto del lavoro: “Vi è il rischio della creazione di un diritto del lavoro ‘a pelle di leopardo’, con notevoli distinzioni nei livelli di garanzie esistenti nelle aziende e nei territori”. Ed ancora: “In sostanza, per usare una metafora, questa norma (artic. 8 legge 14/09/2011, n.d.r.) ‘porta la Cina in casa’: non sarà più necessario delocalizzare per ottenere risparmi di costo e maggiore flessibilità, basterà siglare nel proprio territorio o nella propria impresa un accordo aziendale derogatorio”. Se sorge un’opposizione, scatta il ricatto da parte dell’azienda: restiamo, ma abbiamo bisogno di tanto denaro.

Insomma, oggi, i sindacalisti sono diventati i mediatori del nulla. Nella Zona Industriale di Bari-Modugno poi, iArizona_Spillway_-_Hoover_Dam_Nv sindacalisti sono una specie in via d’estinzione. Le segreterie esterne confederali non hanno più alcun interesse a cercare il consenso nelle aziende attraverso le assemblee e organizzano (ahimè, sempre più sporadicamente, specie dopo l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - che non è il divieto dei licenziamenti, bensì il divieto dei licenziamenti illegittimi - (3) e la riforma pensionistica dell’ex ministro Fornero) scioperi quasi turistici (fondamentale è la scelta della città) e per di più alla stregua di quelle manifestazioni ludico-ricreative riservate ai soli soci (i membri del Direttivo sindacale). In quanto agli Rsu, i rappresentanti sindacali unitari, operativi all’interno delle aziende, non spronano nemmeno blandamente le aziende a presentare i piani industriali di pertinenza o ad usare in maniera univoca gli ammortizzatori sociali.. Se a ciò si aggiunge la predilezione un po’ deviata di Nichi Vendola, governatore della regione Puglia, per i lavoratori, ch’egli manifesta cavalcando, secondo la direzione del vento, ora la situazione della Om Still Carrelli Elevatori, ora della Bridgestone, ora dell’Ilva di Taranto, il quadro è completo.

Ma è sulla prima che vogliamo soffermarci più a lungo perché la riteniamo, malgrado l’oblio generale in cui è caduta, emblematica. Essa è giunta ad una fase di maturazione, cioè di suppurazione, pressoché terminale. Si è passati dallo sgombero poligono, dal disinvestimento totale da parte della società proprietaria ad una  potenziale riconversione degli impianti per la costruzione dei taxi londinesi, per poi arrivare ad una vendita all’asta, o meglio, ad una svendita. leader_sindacali1381988881-ipad-81-0Che ruolo ha avuto in questa epopea il sindacato? Si potrebbe rispondere con un’altra domanda e per giunta ricalcando il titolo di un programma televisivo di successo: chi l’ha visto? Tuttora è in corso un braccio di ferro tra la direzione aziendale, che vorrebbe smantellare gli ultimi macchinari e l’ultima produzione realizzata ed un presidio di una trentina di lavoratori che i benpensanti definirebbero irriducibili. Ebbene, che fa il sindacato? L’ultima solidarietà formale l’ha esternata l’estate scorsa per un paio d’ore sotto gli ombrelloni; poi, il nulla. Francesco Carbonara, uno degli ‘irriducibili’, che più volte ha respinto i solleciti di sgombero da parte delle forze dell’ordine, membro del Direttivo sindacale provinciale Fiom (per quel che può valere, ormai) ha lanciato un appello un paio di mesi fa, durante un incontro nella Camera del Lavoro della Cgil, in viale Iapigia, a Bari (un palazzo di vetro costato 5 milioni di euro): “Continuiamo a presidiare l’azienda giorno e notte perché vogliamo alzare il livello dello scontro. Poiché ci siamo fidati delle istituzioni e da queste siamo stati traditi, estendiamo l’invito alla solidarietà al sindacato e agli altri lavoratori della Zona Industriale”. L’appello di Carbonara è caduto vergognosamente nel vuoto. E nulla si è mosso nemmeno quando è stata inaugurata la Fiera del Levante a Bari, lo scorso settembre, dall’attuale presidente del Consiglio Enrico Letta. Questi ha tenuto un discorso di 31 minuti, ha visto fugacemente, se l’ha visto, un piccolo striscione della Om Carrelli Elevatori e poi è andato via indisturbato. Non è stato trattenuto neppure un secondo poiché il sindacato, ancora una volta, era in sciopero di iniziative e non ha organizzato uno straccio di mobilitazione.

Di fronte a questi eventi bisogna sovvertire i termini della lotta, non possiamo più dire che i lavoratori, oggi come ieri, hanno bisogno di essere guidati (da chi, poi?). Disperatamente, da soli, devono abbracciare la loro causa. Sicché,Magrone_con_operai_OM si può raccogliere positivamente la proposta dell’attuale sindaco di Modugno, Nicola Magrone, di una rilevazione dell’azienda da parte del Comune e in nome delle famiglie dei lavoratori. Da quando Magrone ha lanciato l’idea, non si dà pace e vorrebbe passare dalle parole ai fatti. Se anche fosse un progetto senza eguali e senza precedenti negli assetti industriali di ogni punto cardinale, non ci sarebbero motivi per una mancata attuazione. Ma di salvataggi di aziende da parte degli stessi dipendenti si parla non da adesso e con parecchia insistenza. Addirittura, le imprese che sono passate di mano (per esempio, le Fonderie Zen di Padova o la Ceramica Magica di Sassuolo), sono oggi recensite nel sito www.ilbureau.com, coordinato da Valentina Parasecolo. Quali sono i requisiti di una nuova azienda che vuol essere competitiva sul mercato? Prima di tutto, gli ex dipendenti devono costituire un capitale, cominciando a utilizzare i loro Tfr e le indennità di mobilità. Successivamente, si devono attrezzare tecnologicamente per reggere l’urto di una crisi che non fa sconti e non guarda ai valori.

Per quanto riguarda la Om Still Carrelli Elevatori, occorre un altro quid che è propedeutico a tutto il resto. Cosa, di grazia? Un po’ di coraggio in più.

Note

(1) “I contratti collettivi aziendali possono pertanto definire, anche in via sperimentale e temporanea, specifiche intese modificative delle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro” .

(2) “Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali, le specifiche intese (sui contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale, n.d.r.) operano anche in deroga (…) alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro”.

(3) “Reintegrazione nel posto di lavoro. (…) Il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento (…), o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero ne dichiara la nullità e ordina al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore (…) di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro”.

Ultimo aggiornamento Sabato 09 Novembre 2013 15:37
 
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