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Scritto da Redazione   
Domenica 03 Novembre 2013 00:25

legge-stabilit-effetti-negativi-consumi-elettronica-potere-acquistoI compositori lirici del Governo e il Bilancio dello Stato

Una relazione impossibile


di Nicola Sacco

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Dopo aver analizzato qui (La lingua morta del potere. Massacrati ma con un 'progetto condiviso') il fenomeno ormai ‘storico’ delle stime governative (su grandezze macroeconomiche e andamento dell’economia in generale) metodicamente ottimistiche, seguite, nel giro di pochi mesi, da immancabili correzioni rivenienti dai meno compiacenti dati di realtà, ci si deve ora chiedere se non sia il caso di smettere, una volta per tutte, di credere a quelle previsioni, nella consapevolezza che questa diffidenza finisca, deve finire, per investire in pieno l’ultima finanziaria o prima Legge di Stabilità. Una legge presentata, nella conferenza stampa del Presidente del Consiglio, ancora una volta  come positiva, funzionale al rilancio dell’economia e alla crescita del paese; e tuttavia, vaga in molte delle sue linee di intervento, parolaia nei risultati a cui punta, nebulosa nel definire la reperibilità di risorse necessarie alla riduzione del debito, oltre che poco coraggiosa (l’obiezione più ricorrente è “si doveva fare di più”) e sostanzialmente ignava.

E dunque:

Una Legge di Stabilità o un monumento all’incertezza? Abbiamo un governo o un poema di infondatezze? Un Capo diCrisi-di-governo-e-Legge-di-Stabilita-perche-bisogna-approvarla-entro-la-scadenza_h_partb Governo o un madrigalista dell’inconsistenza? Una via d’uscita dalla recessione o una pura e semplice infilata di bugie? Il sostegno all’economia o un programma di insulti (i 14 euro nella busta paga del lavoratore dipendente)?

Ovvio che a parere di chi scrive la risposta a queste domande è sempre la seconda: a delineare l’infelice futuro di questo paese c’è un mendace, tessitore di luminosi successi a venire, in rappresentanza di e in alleanza con mendaci. Tutti dediti alla menzogna propagandistica mentre confermano la loro presenza al consueto appuntamento del gran ballo di fine anno, laddove la dama realtà s’incarica di sconfessarli molto gentilmente, cioè, senza mai costringere il suo cavaliere a pagare dazio.

Infatti, quel che appare davvero singolare è come non accada mai che lorsignori si pieghino a un momento di autocritica, a un riesame delle loro azioni di governo, a una rivisitazione delle loro posizioni politiche, a una messa in discussione dei loro partiti, a una presa d’atto d’un qualche fallimento. Perché, come altro definirli, se non fallimentari, gli ultimi due esecutivi che ci sono toccati in sorte?

Il sospetto è che queste prese di coscienza non abbiano luogo a causa di una forma di ossequio allo svolgimento di una grande commedia del non detto. Uno dei grandi non detti potrebbe, per esempio, essere il nuovo articolo 81 della Costituzione (insieme alla sua legge di attuazione): l’unico articolo della Costituzione che, da qui in avanti, si pretenderà di rispettare e far rispettare, in ragione delle aspettative che una fantomatica Unione Europea (come se l’Italia non fosse anch’essa Unione Europea) ripone sul nostro Paese. Se si entra nel merito della questione, poi, ci si ritrova in una tempesta di corto circuiti dalla quale sembra davvero difficile uscire rimanendo sani di mente. Dunque, vediamo:

   Si citano i vincoli e gli impegni presi con l’Europa ma non si cita mai la Costituzione, laddove è stata modificata con l’obbligo del pareggio di bilancio a partire dal 2014. Di qui, il non detto del relativo articolo. Infatti, tacendo la Costituzione, la linea vincolista e il rispetto dei parametri, quand’anche avessero successo, andrebbero rubricati sotto la voce “meriti del governo”. A nostro avviso, invece, sembra che, essendo impraticabile qualunque politica economica che non sia rispettosa dei vincoli europei, pena la sua stessa incostituzionalità, un governo come l’attuale abbia pressoché nulla da vantare. E poiché, sul punto, i margini di manovra sono stretti a tal segno da non poter fare altro che proseguire nel solco dell’austerità, ecco che una siffatta Legge di Stabilità, almeno nelle sue linee guida (trascurando per un momento i pur significativi difetti sopra evidenziati), diventa tutto sommato inevitabile. Le Camere faranno finta di lavorarci un po’ su, districandosi come potranno tra analfabetismi e appetiti di varia natura, e l’unica leva sulla quale potranno agire, ci pare il suo tasso di recessività. In altri termini, recessiva lo sarà in ogni caso, perché l’Europa di cui l’Italia, a quanto pare, non fa parte, questo vuole; quanto recessiva lo stabiliranno i “nostri rappresentanti in Parlamento”;
 

sacco3    La storia di questi anni di crisi ci insegna, come detto, che gli scostamenti peggiorativi dalle previsioni relative a Pil, Debito Pubblico, spesa pubblica, etc., sono gli unici elementi certi e puntuali del nostro orizzonte economico, orizzonte per altro verso sempre più incerto e cupo. Pertanto, come si fa a prendere sul serio gli obiettivi di finanza pubblica indicati nei documenti di sintesi della Legge di Stabilità? Non si può. In nome di che cosa, si dovrebbe dare credito a chi s’è burlato finora dei cittadini? Il Governo Letta ha individuato nella millanteria continua un metodo a suo modo scientifico, ha magnificato a vanvera le sorti di una situazione socio-economica sempre di là da venire, mentre il presente si faceva più disastroso. Ha bluffato col suo popolo, ha giocato d’azzardo e perso. Solo che la sconfitta viene sapientemente, e beffardamente, ribaltata nei discorsi ufficiali in trionfi sempre imminenti. Si tratta di una burla e la Legge di Stabilità è una burla. Una burla, però, costituzionale. Corto circuito di non poco conto. La dolorosa constatazione, d’altronde, è proprio questa: manomettendo la Carta, sono stati capaci di screditarla anche agli occhi di chi ad essa si è sempre rifatto e da essa ha lealmente tratto ispirazione per il proprio agire politico. In sintesi, in alcuni suoi punti, la Costituzione, così com’è, può addirittura venire in odio anche a colui che ne è stato, fino ad oggi, storico e sincero ammiratore. È una Costituzione violata. La Costituzione del nuovo articolo 81, si è costretti a dire, non ci piace, perché in quel punto estromette visioni e culture politiche altre, delegittima dottrine economiche alternative al pensiero unico imposto dai più antieuropeisti organismi europei (BCE, Eurogruppo, etc.) - le stesse visioni, culture e dottrine altre che hanno contribuito in modo fondamentale al concepimento e all’elaborazione della Carta - e realizza qui una decisa diminuzione di democrazia: niente più confronti né competizioni sulla base di proposte politico-economiche diverse tra loro. La minestra è una e una soltanto: rigore contabile senza stimoli alla crescita, zero funzione anticiclica, pronto soccorso finanziario incapace di tradursi in qualcosa che vada al di là della solita ricapitalizzazione delle banche dei paesi in difficoltà. Una falla nell’impianto costituzionale, un cul-de-sac che getta in una crisi di identità principalmente chi la Costituzione tiene per sacra.

 
•    I dettagli della Legge di Stabilità, inoltre, rivelano una falla nella falla. Si parte con l’esatta determinazione dellerecessione risorse stanziate per la riduzione del cuneo fiscale a carico di imprese e lavoratori allo scopo di stimolare domanda interna e competitività delle imprese, intervento di efficacia nulla ma finanziato con i tagli alla spesa pubblica - dunque avremo domanda interna attestata sui livelli attuali (di sottoconsumo) che potrà solo diminuire per effetto della natura recessiva dei tagli alla spesa pubblica unitamente al blocco della contrattazione nel pubblico impiego. La rimodulazione delle tasse locali, riassorbendo l’Imu, piuttosto che innescare il processo di riduzione della pressione fiscale dal 44,3 % al 43,3%, riserverà invece sin da inizio 2014 delle sorprese piuttosto spiacevoli ai contribuenti - e si finisce con un generico programma di ‘privatizzazioni’ e ’dismissioni immobiliari’; quest’ultimo, per rispettare l’impegno a ridurre il Debito Pubblico, dovendo riportarlo in 20 anni dal 132 % al 60% , ben settantadue punti percentuali da recuperare in rapporto al Pil. Si ricorda che anche questo percorso di riduzione del debito è inquadrato dall’art. 81 della Costituzione e, qualora non dovessero essere soddisfatti i criteri di rientro stabiliti annualmente, già dal 2014 si ricomincerà a parlare di nuovi sacrifici, i quali, visti l’entità del debito e le più che probabili sanzioni europee, potrebbero davvero diventare inauditi e fare implodere l’Ue. Forse era il caso di essere più chiari e precisi anche su questo che rappresenta l’altro pilastro del fiscal compact (la riduzione del debito appunto),  ovvero più seri e rispettosi della modifica che pure essi hanno apportato, stravolgendola, alla Costituzione. Un auspicio e un richiamo alla più attenta osservanza delle norma costituzionale, vengono qui formulati, pur in presenza di uno stravolgimento da noi non desiderato, quanto meno per non ritrovarci in guai peggiori nel giro di breve. Onorino la Costituzione, benché disonorata. 

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Ultimo aggiornamento Domenica 03 Novembre 2013 13:43
 
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