IL VIVENTE DIMENTICATO. Stampa
Scritto da Redazione   
Venerdì 11 Febbraio 2011 22:50

 

NUDI DAVANTI A LUI

 

di Franco Taldone

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Bene ha fatto l'editore italiano dell'ultimo libro di Jonathan Safran Foer a intitolarlo Se niente importa (sottotitolo Perché mangiamo gli animali, edito in Italia da Guanda a febbraio e, finora, già alla terza edizione), invece di Mangiare gli animali, traduzione dell'originario inglese Eating Animals.

E la ragione è nella questione aperta da quanto un giorno ascoltato dall'autore, al quale, da piccolo, sua nonna ha raccontato che lei, durante il secondo conflitto bellico, nonostante la ferocia della fame, rifiutò di mangiar carne di maiale perché cibo non kosher.Questa a tutta prima insensatezza di logica della sopravvivenza la donna la giustifica così a suo nipote futuro scrittore: “Se niente importa, non c'è niente da salvare”. Dunque, il libro di Foer si preannuncia meno come un ricettario animalista che un soffermarsi meditativo sulla questione del nostro rapporto, oggi, con gli animali (“questi nostri compagni nell'avventura ignota”, per Voltaire). In particolare, sulla questione del nostro rapporto alimentare con loro a partire da un'intuizione speculativa accostabile, per radicalità e fulmineità, a quelle di un Agostino (“Se  Dio esiste, perché il male”) o di un Dostoevskij (“Se Dio non c'è, tutto è permesso”). 

La scrittura di Foer è distaccata, non ansiogena, a tratti ironica come nel capitolo sulla cinofagia. Il ricorso da parte dell'autore all'espediente del glossario, allo sviluppo di una sequenza di lemmi, frammenti, come telaio neutro intorno al quale sviluppare le sue considerazioni, rivela quasi una volontà di astenersi dal trattare la questione del libro (quella del mangiar o no gli animali) in una  maniera  ideologicamente orientata, apoditticamente chiusa. La leggerezza (anche se in qualche punto del libro un po' forzata) con la quale Foer ha scritto questo libro non sembra tuttavia affatto funzionale alla proposta di un vegetarianesimo ben temperato, ammiccante, ma risulta un modo di proporre la scelta non carnivora come una delle tante risposte che, oggi, possono essere date alle domande che pone l'etica animalista, cioè quello sguardo sul mondo che vede anche gli animali come portatori di domande etiche. Con una delle formule più belle del novecento filosofico europeo, si potrebbe dire che anche verso gli animali siamo chiamati a praticare quella pietà del pensiero,che Heidegger, creatore di questa formula, racchiudeva, però, solo nella pertinenza antropocentrica. 

La scelta vegetariana come scelta etica. Il trovare scandalosa la sofferenza animale tanto quanto quella umana. L'enigma etico, prima che logico, dal quale siamo chiamati e che destabilizza la buona fede o la buona coscienza sulle quali fondiamo una delle nostre azioni più abituali qual è l'alimentarci. Questi presupposti sostengono la disamina dei tanti casi, molti dei quali verificati direttamente dall'autore, di allevamento industriale intensivo, nei quali agli animali viene sottratta la loro identità di esseri senzienti per essere trasformati in merci sulle quali tutto è consentito. E, particolarmente, quel capitolo intitolato Vergogna, nel quale, in riferimento al Benjamin che interpreta i racconti di Kafka sugli animali, si dice che questi esseri sono i “depositari del dimenticato”, del vivente dimenticato: altrettanto presente in noi uomini, e che, quando ci guarda, dice Derrida citato da Foer, “noi siamo nudi davanti a lui”. Raffaele La Capria, nel suo delizioso Guappo e altri animali, ha rinvenuto nelle leggi di re Coetzee quando salì al trono di Amerindia un  principio di riferimento che non riconosce solo nell'uomo il portatore di eticità. Secondo quel sovrano “non si può fare quello che si vuole a chi è in nostro potere”. 

                                                                                                        

Jonathan Safran Foer, Se niente importa perché mangiamo gli animali?, Guanda, 2010, pp. 363, euro 18

 

Ultimo aggiornamento Venerdì 27 Gennaio 2017 19:36
 
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