=PIERMARIO MOROSINI, tutta fatalità?= Stampa
Scritto da Redazione   
Domenica 15 Aprile 2012 12:05

WIKIPEDIA_MOROSIBIIl gioco triste

 

di Michele Silvestri

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[nella foto Wikipedia Piermario Morosini]



Giovani atleti, giovani e atleti: categorie concettuali affini alla forza e alla vitalità. Ultimamente, purtroppo, la morte sembra non voler portare rispetto neppure a loro che crollano all’improvviso davanti ai nostri occhi sgomenti; migliaia, milioni di occhi spettatori di un evento agonistico dall’esito spesso imprevedibile, ma di un’imprevedibilità tutta sportiva: così è sempre stato e così dovrebbe essere. Il dramma per gli appassionati e per i tifosi, da un mese a questa parte, diventa allora tale nel vero senso della parola, e non è più così isolato da non far riflettere: è una sequenza di tragiche fatalità o c’è dell’altro?

 

 

Ultimo, in ordine di tempo, è stato Piermario Morosini: il centrocampista non ancora 26enne del Livorno, al 31’ del primo tempo, si è accasciato sul terreno di gioco del Pescara (campionato di serie B). Gli ospiti conducevano la gara per 0-2 ed il Pescara stava attaccando per recuperare il risultato; Morosini correva lontano dal pallone quando improvvisamente è crollato all’altezza del vertice della propria area di rigore: per due volte ha tentato di rialzarsi, barcollando in stato confusionale, ma alla fine è rimasto immobile sull’erba dello stadio “Adriatico - Giovanni Cornacchia” di Pescara. Immediati i soccorsi ed il massaggio cardiaco anche con l’utilizzo del defibrillatore; poi il trasporto in ambulanza all’Ospedale Civile ‘Santo Spirito’ di Pescara dove Morosini è arrivato in arresto cardiaco. Al pronto soccorso gli sono state praticate manovre di ventilazione e rianimazione, ma non c’è stato nulla da fare. A dare ufficialmente la notizia della morte di Piermario Morosini è stato il primario di cardiologia del ‘Santo Spirito’, Leonardo Paloscia: “Morosini non ha mai ripreso un battito. Da quando sono arrivato io - Paloscia è stato fra i primi a soccorrere il giovane calciatore allo stadio, perché il medico stava seguendo la partita ed è subito sceso in campo dagli spalti, ndr -  non ha mai dato un cenno di ripresa né di respiro e né di battito. Quando sono arrivato io era tutto fermo. La causa? Non si può dire, penso che tutto sarà rinviato all’esame autoptico. Ritardi? Se si intendono 30 secondi non è quello, il medico del Livorno ha effettuato subito il massaggio cardiaco”. La Figc ha disposto la sospensione della giornata di tutti i campionati di calcio in programma in questo fine settimana e lunedì. Il presidente del Coni, Petrucci, ha invitato le Federazioni di tutto il resto dello sport italiano a far osservare un minuto di silenzio in memoria di Piermario Morosini.

A fine marzo era morto Vigor Bovolenta, campione 37enne della pallavolo italiana, per un malore sempre al cuore e sempre mentre giocava (una gara del campionato di serie B2 con la maglia del Forlì, sul campo di Macerata).

A metà marzo ha rischiato la vita Fabrice Muamba, 23enne centrocampista inglese del Bolton nativo di Kinshasa: al 42’del primo tempo della sfida contro il Tottenham, Muamba si è accasciato in campo senza che nessuno lo toccasse. Ancora un malore al cuore: provvidenziale la rianimazione in campo con il defibrillatore per 10 minuti grazie ad uno staff di 6 medici. Tragiche fatalità o c’è dell’altro?

L’opinione di Antonio Rebuzzi, docente di Cardiologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Gemelli di Roma: “I nostri atleti sono tutelati da controlli abbastanza seri e sottoposti a regole molto restrittive. E questo molto più di quanto avvenga in altri Paesi”. La storia dell’ex calciatore senegalese Khalilou Fadiga conferma le parole di Rebuzzi. Dopo i Mondiali del 2002, infatti, l’Inter acquistò Fadiga, ma prima dell’inizio del campionato vennero diagnosticati al centrocampista senegalese alcune anomalie cardiache; l’Inter decise così di non farlo mai scendere in campo. “Qualche anno dopo si trasferì in Inghilterra - continua Rebuzzi - dove gli fu permesso di giocare. Proprio allora un malore lo costrinse ad accasciarsi a terra durante una partita, rischiando di non farcela”. Il cardiologo del Policlinico Gemelli di Roma non è l’unico a sostenere che i controlli previsti dalla Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) siano tra i più seri al mondo.

 

Prima di entrare in campo gli atleti professionisti che lavorano in Italia devono superare tre livelli di controllo. Il primo è il test d’idoneità agonistica, cioè una visita medica completa che prevede esame delle urine, spirometria e test a risposo e sotto sforzo. In seguito c’è l’ecocardiogramma e la prova di sforzo massimale tramite tapis roulant. Infine è previsto anche un esame con l’apparecchio Holter, uno strumento che si porta per un giorno o più e che monitora la pressione in diverse situazioni. In più sono previsti ulteriori test più o meno invasivi, qualora i precedenti facessero insorgere dubbi. Tutti questi controlli vengono effettuati periodicamente. Tuttavia, nello sport e nella vita esiste l’imprevedibilità. “Il rischio zero non esiste - argomenta Rebuzzi -. Anche con i controlli più rigidi, purtroppo a volte il cuore di un atleta può cedere senza alcun preavviso”.

Altri esperti, invece, invitano le Federazioni sportive  a “rinnovare” il proprio sistema di controlli. Francesco Fedele, ex presidente della Società italiana di cardiologia, sostiene: “Non più test della scaletta o step test, ma prove cardiologiche più sofisticate e poi più defibrillatori a bordo campo e soprattutto una seria formazione per le manovre di rianimazione cardiopolmonare”.



Ultimo aggiornamento Domenica 15 Aprile 2012 12:55
 
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