=ECONOMIA. NEL RAPPORTO DEFICIT/PIL NODI CHE VENGONO AL PETTINE= Stampa
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Scritto da Redazione   
Giovedì 08 Settembre 2016 17:14

debit-pubblicoIl debito pubblico cresciuto col Governo Renzi al 135%. LItalia rischia una pesante procedura dinfrazione

Una soluzione radicale e, forse, definitiva del controllo della spesa sta nella ripresa seria e sentita dell’Unione europea. L’ “Unione fiscale” e il “debito europeo” risolverebbero gran parte dei tormenti di questa fase molto difficile di costruzione dell’Europa unita

 

 di  Mino Magrone
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Entro la metà del prossimo mese di ottobre il governo italiano dovrà varare la legge di stabilità per l’anno 2017. Dato l’andamento della nostra economia non è un compito agevole. Ci sono gli impegni sottoscritti con la Commissione europea di Bruxelles che il governo dovrà pur tentare di rispettare se vuole evitare di incorrere in una pesante procedura di infrazione per mancata osservanza degli impegni sottoscritti con la UE (in particolare la dichiarata promessa della discesa del rapporto deficit/Pil all’1,8% per l’anno 2017).

renzi-pollice-675In misura molto più evidente rispetto al resto dell’Europa l’economia italiana soffre di una lunga fase di ristagno, se non a tratti e momenti prolungati di una vera e propria recessione. Eppure non più tardi di due anni fa il governo Renzi faceva conoscere il suo programma economico che annunciava, con la solita enfasi trionfalistica, un debito pubblico in calo dal 132% del Pil al 125% del 2017 grazie, affermava il governo, alla ripresa graduale e costante del reddito nazionale. Ora sono passati due anni e siamo alla verifica degli annunci e delle promesse, siamo cioè alla inevitabile applicazione del principio di verificazione. Che cosa sta avvenendo in realtà? Sta avvenendo che, di record in record, il debito pubblico non scende ma, al contrario, sale e per il 2016 sarà certamente non inferiore al 135% del Pil. E, toccando un nuovo record, nel 2017 sarà oltre il 135% del Pil.

Sulla scorta del calo del debito, il governo ha promesso alla Commissione europea il calo del rapporto deficit/Pil all’1,8% per l’anno 2017. Ma non ce la farà se Bruxelles non accorderà all’Italia una generalizzata e sostanziosa deroga alla rigidità dei conti (fiscal compact) e, quindi, una considerevole “flessibilità” per spendere e investire senza incidere e accrescere ulteriormente il fardello del debito pubblico. Consentire, insomma, di spendere in deficit ma di non tenerne conto nel calcolo del rapporto deficit/Pil.

terremoto amatricePerciò Renzi in questi giorni chiede più flessibilità facendo leva soprattutto sul terremoto di Amatrice. Bruxelles, fino ad oggi, concede briciole e sospetta dell’Italia che non mantiene la parola data e fa spesso il contrario di quello che promette e proclama.

Non è per un caso che Renzi dica ai quattro venti “ci prenderemo tutto ciò che ci servirà” ma è perché sa benissimo che il suo promesso rapporto deficit/Pil dell’1,8% è molto lontano dalla realtà. Sarà del 2,6% per l’anno 2016 e del 2,7% per il 2017. Un vero disastro! L’Europa non farà concessioni in più rispetto alle deroghe già previste dai trattati per le calamità naturali. Sicché il governo deve prendere atto che per uscire dalla “crescita zero” fatta segnare dall’Italia nei primi due trimestri del 2016 è necessario investire capitali pubblici e privati. Sui capitali privati non pare possibile fare molta fiducia. L’Istat ha segnalato che la fiducia degli imprenditori e delle imprese italiane è in forte calo. Nel mese di luglio scorso era calata di oltre il 3%. Anche i consumatori non hanno più fiducia nella ripresa. Il calo della loro fiducia è del 2%. Non resta che fare affidamento sulla mano pubblica e sugli investimenti di ingenti risorse da reperire nei bilanci pubblici.

Ma qui si ripresenta il problema di come investire senza aumentare il deficit pubblico e il rapporto deficit/Pil.

Come ogni rapporto anche quello che misura la percentuale del deficit sul prodotto interno lordo (il Pil) è fatto di un numeratore (il deficit) eContrib-Pil-Rapp-Istat un denominatore (il Pil). Supponiamo che il rapporto indichi 10/100 (dieci su cento), ciò significa che il deficit annuale di un’economia è l’1%. Pertanto, per aumentare gli investimenti senza creare nuovo e maggiore deficit è necessario che il numeratore del rapporto resti almeno costante. In questo caso, fermo restando il numeratore, il nuovo rapporto sarà, per esempio, 10/150. Il che significa che il deficit è soltanto lo 0,06% del Pil. In discesa rispetto alla ipotesi precedente.

Ma questa è semplice aritmetica. Nella realtà economica perché il reddito nazionale salga fermo restando o calando il deficit è necessario reperire nelle pieghe e nelle capienti sacche nascoste e ricche della società quella ricchezza (patrimoni) in grado di accrescere le entrate tributarie per destinarle all’investimento produttivo. Anche i patrimoni liquidi. Spesso a creare ristagno e depressione economica sono, per esempio, i grossi risparmi non investiti. “La preferenza per la liquidità” è reddito prodotto e risparmiato che viene sottratto al circuito monetario e reale dell’economia. Viene, cioè, sterilizzato provocando ristagno, declino, e depressione economica.

la ricchezza delle famiglie italiane. jpgSuppongo che oggi in Italia la preferenza per la liquidità sia in forte crescita (una delle cause è la sfiducia). Concorre ad accrescere il fenomeno della preferenza per la conservazione del denaro a portata di mano anche la discesa dei tassi di interesse ai minimi livelli e spesso (si pensi ai Bot semestrali) anche a livelli negativi. Concorre anche il “quantitative easing” della Bce che per quanto non abbia raggiunto gli scopi e gli obiettivi indicati da Mario Draghi (l’Italia è ancora in deflazione e l’obiettivo del 2% di inflazione è molto lontano) crea enorme liquidità che non sempre si capisce dove vada a finire. Tutto ciò, insieme alla eccessiva crescita della diseguaglianza nel possesso della ricchezza nazionale, ci consente di dire che è ora di introdurre nel nostro sistema di prelievo tributario l’imposta progressiva, straordinaria e temporanea sui patrimoni elevati. Il nuovo gettito erariale può costituire la fonte per un piano di investimenti e per la crescita. Senza spese in deficit e fermo restando o anche riducendosi il numeratore del rapporto che non è indomabile, purché lo si voglia.

Una soluzione ancora più radicale e, forse, definitiva del controllo della spesa sta nella ripresa seria e sentita dell’Unione europea. L’rendimenti-titoli-di-stato-eurozona “Unione fiscale” e il “debito europeo” risolverebbero gran parte dei tormenti di questa fase molto difficile di costruzione dell’Europa unita.

Dal debito europeo nascerebbero titoli europei che andrebbero a ruba e verrebbe decretata la fine per i singoli stati nazionali di fare ciò che vogliono dei titoli pubblici come se fossero qualcosa di cui usare ed abusare senza scrupoli. Infine, l’unione fiscale tenderebbe alla eguaglianza del livello della pressione tributaria in tutto il continente unificato. E la Brexit? Contrariamente alle previsioni catastrofiche, non è stato un danno di cui non sia possibile trovare un efficace rimedio. Come si sta facendo con gli USA ed il Canada è urgente fare con l’Inghilterra un accordo di libero scambio.

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Ultimo aggiornamento Venerdì 09 Settembre 2016 09:30
 
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